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Antico testo religioso 1780 **Raro*
Antico testo religioso 1780 **Raro*
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Antico testo religioso la numerazione delle pagine inizia dal numero romano VII é da dedurre dunque che manchino le pagine di guardia e forse il frontespizio originale. Scritto in latino mi risulta dunque difficile capire quale sia il titolo originale la prima pagina che possa sembrare da titolo é quella mostrata come prima foto nell'inserzione.
della più eminente altezza reale
Enrico, duca di Erborac, vescovo di Tusculana
cardinale vicecancelliere
Non ho dubitato per molto tempo che l'altezza reale fosse eminente senza il tuo nome potentissimo
per iscrivere quest'opera, a chi potrebbe essere più adatta la difesa della verità cattolica se non a te, i cui augusti anziani non hanno esitato a consacrare le ricchezze e le fortune del più splendido dei più fiorenti regni per la stessa protezione e conservazione di Paese? la tua vera altezza reale, eminentissima, la tua grandezza d'animo, dalla costanza nel preservare l'integrità della stessa religione, le tue sollecitudine apostoliche nell'amministrazione della chiesa tuscalana, dalla pura ammirazione del governo, si sono ormai diffuse attraverso il discorso di tutti, non solo a Roma, ma anche tra le nazioni straniere, affinché tutti siano d'accordo con te con una sola voce verso quei grandi e siano paragonati ai santissimi vescovi, la cui memoria è consacrata con onori divini.
E nessuno vede in ciò che egli mi offre un ampio argomento a favore della nobiltà della vostra razza, del vostro insegnamento, della vostra pietà, del vostro zelo ecclesiastico, e di tutte le altre virtù degne di un Principe cristiano, da Presule della Chiesa da decantare lodi meritorie. Ma quando sarà stabilito per Te, o Altezza Eminentissima, che io sia adoratore della vera virtù verso i mali che non appaiono, questa tua mirabile consuetudine sarà per me come un comando, affinché io possa cessare dalla Tua lodi.
Tuttavia non temo che Tu non riderai di me nel tessere il mio disegno in quest'opera. Perché è la vostra questione che viene affrontata, mentre si tratta di proteggere e propagare la Religione.
E capirò che il mio talento è piccolo; Tuttavia il piccolo, segnato dai tuoi auspici, non ha tremato né vacillato, ma è riuscito a uscire subito con entusiasmo, e non si è tirato indietro davanti alla luce.
Resta dunque una cosa, ALTEZZA REALE Eminentissima, che possiate guardare con benevolenza al mio Ordine, come vi piace, e, se Dio vi darà più tempo, accogliermi misericordioso, pensando alla difesa della Religione Cattolica. Arrivederci
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celsitudini regiae eminentissimae
henrici ducis erboracensis episcopi tusculani
cardinalis vice cancellarii
dubitandum mihi diù non fuit celsitudo regia eminentissima quin tuo potissimùm nomini
hoc opus inscriberen cui enim potiori jure catholice veritatis propugnatio convenire poterat, quam tibi, cujus augusti majores pro eâdem tuendâ e conservanda patriam opes fortunas sceptrum ipsum splendidissimi e florentissimi regni devovere non dubitarunt? tua verò celsitudo regia eminentissima, animi magnitudo e costantiapro ejusdem religionis integritate servânda, tuae apostolice sollicitudines in tusculana ecclesiae administratione, e regimine plané admirando, adeò sermone omnium non solùm Romae, sed etiam apud exteras nationes percrebuerunt, ut omnes uno ore consentiant Te magnis illis sanctissimisque Episcopis comparandum, quorum memoria divinis honoribus consecratur.
Atque hìc nemo non videt quàm amplum mihi sese argumentum offerat ad Tuam generis nobilitatem, ad Tuam doctrinam, pietatem, zelum ecclesiasticum, caeterasque viro Principe Christiano, e ecclesiae Praesule dignas virtutes meritis laudum praeconiis extollendas. Sed cùm illud Tibi in more positum sit, CELSITUDO REGIA EMINENTISSIMA, ut malis verae virtutis esse cultor, quam videri, erit mihi Tua haec admirabilis consuetudo tamquam imperium, ut de Tuis laudibus conticescam.
Neque tamen propterea vereor ne non Tibi arrideat in hoc opere texendo consilium meum. In eo enim Tua re agitur, dùm de tuendâ propagandâque Religione agitur.
Et quaquam probè intelligam quàm meum sit ingenium exiguum ; Tuis tamen libellus auspiciis insignitus non trepidus ac nutans, sed proptus e alacer prodire gestit, lucemque non reformidat.
Unum igitur superest CELSITUDO REGIA EMINENTISSIMA, ut Ordinem meum eâ, quâ foles, benignitate respicias, e majora, si Deus dabit otia, pro Catholice Religionis defensione cogitantem me clementer excipias. Vale .
pos.10
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